Alfredo Parente, originario di Guardia Sanframondi fu, come è noto, fra i maggiori interpreti e divulgatori del pensiero crociano, critico musicale de Il Mattino, filosofo, pittore e scultore è sua la testa di Croce custodita dal comune di Napoli ( una copia in bronzo era ospitata nella sede del PLI di Roma) mentre è poco nota se non in ambienti ristretti, la sua attività politica che esercitò soprattutto negli anni dell’antifascismo e, poi, nell’immediato dopoguerra. In quei tempi difficili ma appassionati Parente si dedicò alla costruzione di una rete di antifascisti di varia provenienza e poi alla ricostruzione del Partito liberale.

Si pubblica, finalmente, per merito di Gerardo Nicolosi, un saggio-diario scritto dal filosofo nel 1946. Scrive Nicolosi

“Queste memorie di Alfredo Parente furono scritte nel corso del 1946, grazie a dei taccuini sui quali l’autore aveva l’abitudine di annotare fatti e pensieri più o meno quotidianamente, come lui stesso scrive nella prefazione al suo scritto. Non si tratta di un documento del tutto sconosciuto, sebbene esso sia rimasto per molto tempo inedito ed abbia avuto circolazione soltanto negli ambienti del liberalismo italiano e in particolare in quello del crocianesimo, di cui Parente fu nel secondo dopoguerra una delle personalità più rappresentative. La copia a noi pervenuta è quella del dattiloscritto conservato tra la documentazione di Giovanni Malagodi…”

Un saggio di grande rilevanza anche umana, dedicato a Carlo Ludovico Ragghianti, il grande critico d’arte (presidente del Comitato di liberazione nazionale della Toscana) che patì il carcere.

“Le memorie, di Alfredo Parente, si legge nella quarta di copertina del prezioso volume, rimaste a lungo inedite, costituiscono una delle testimonianze più dirette del ruolo avuto da Benedetto Croce e dai liberali italiani nel periodo che va dalla crisi del regime fascista alla transizione democratica. Preoccupato che questo ruolo potesse venire un giorno dimenticato, Parente fissa nelle sue pagine i momenti più significativi del dissenso interno al regime, della nascita di un movimento clandestino dagli ampi confini, di cui Croce era capo riconosciuto, della crisi dell’unità antifascista che si produce con la nascita del Partito d’Azione e della riorganizzazione su scala nazionale del Pli.”

Particolarmente rilevante come sottolinea Nicolosi, la partecipazione attiva di Parente alla sollevazione armata di Napoli contro le forze nazifasciste che occupavano la città. Ecco un momento particolarmente drammatico raccontato da Parente:

“Essi (alcuni giovani), che appartenevano quasi tutti alle famiglie abitanti del mio palazzo, tentavano di prendere alle spalle i tedeschi che erano stati sorpresi nel saccheggio di una fabbrica di scarpe al Vico Trone e si erano dati alla fuga dopo aver sostenuto un aspro duello, abbandonando un autocarro. A tale episodio che costò la vita al tenente dei granatieri Carmine Musella(…) presero parte, con altri, Vittore Occhiuzzi, il fratello più giovane di lui Walter, Ugo e Amedeo D’Amato e la popolana Maddalena Cerasuolo detta Lenuccia, che si era prodigata recando cestini di bombe a mano fornite dalla vicina caserma dei Carabinieri”.

Un episodio che ancora emoziona, delle Quattro giornate di Napoli alle quali presero parte molti cittadini comuni non aderenti a forze politiche organizzate.

“…mi venne in mente che occorreva, scrive ancora il filosofo e musicologo discepolo e amico di Benedetto Croce, che occorreva, per una maggiore efficienza della barricata d Santa Teresa, non soltanto organizzare all’angolo di Via Salvator Rosa, accanto al Museo Nazionale, un nucleo di forze capace di ostacolare o di bloccare i tedeschi che eventualmente tentassero di forzare il passaggio venendo da piazza Dante o da Via Foria, ma disporre di lì un posto di avvistamento che dalla Rampa di San Potito potesse, mediante segnalazioni, avvertire gli uomini della barricata di Santa Teresa dell’avvicinarsi di un pericolo che la curva della via avrebbe impedito di scorgere direttamente.”

Lo scritto postumo di Parente, dunque, è una fonte storiografica particolarmente significativa per comprendere il fervore di quegli anni, le divisioni, ad esempio, che si determinarono nel mondo liberale con la nascita del Partito d’Azione e i primi tentativi di collaborazione fra antifascisti di culture diverse se non opposte, socialisti, comunisti, cattolici. Drammatiche sono le pagine dedicate ai dissidi nati negli anni della guerra, il dilemma morale sul parteggiare o meno per gli eserciti stranieri che venivano a liberarci dal fascismo ma anche a sconfiggere, di fatto, la patria, l’Italia. Comunque sia, le quattro giornate napoletane (denominazione che Parente ritiene di aver coniato per primo scrivendone sul foglio clandestino La barricata )

“ furono in Italia, scrive, la prima esplosione, il primo gesto aperto e violento contro i tedeschi, che culminò in episodi veramente gloriosi, inflisse tra l’altro all’orgoglio nemico l’umiliazione della resa del maggiore Saku e del suo presidio al Vomero, e della fuga notturna del colonnello Scholl(…). Oltre a un gran numero di feriti, conclude Parente, i 125 morti accertati costituiscono il triste e glorioso bilancio di quelle giornate. Dieci ufficiali dell’esercito erano già stati fucilati dai tedeschi il 10 settembre, e non furono le sole vittime di quei primi tentativi di resistenza e di riscossa”.

Superfluo ricordare che ai tragici dati riportati da Parente se ne sono aggiunti altri con l’approfondirsi della ricerca storiografica. I ricordi ora pubblicati, a loro volta, saranno una fonte preziosa per nuove ricerche, nuove riflessioni e aiuteranno a comprendere che la lotta alla dittatura fascista e all’oppressine straniera non fu appannaggio di una sola parte politica ma della parte migliore degli italiani.

alfredo parente

di Ernesto Paolozzi

(per la rivista di studi Libro Aperto)