Federalismo: una Camera delle Regioni per ottenere pari dignità.

Il Senato americano è considerato da molti la più potente assemblea legislativa del mondo: quella che può decidere le sorti dell’intero pianeta. E’ composta da cento senatori, due per Stato. La California, con i suoi trenta milioni e più di abitanti, elegge lo stesso numero di senatori del più piccolo Stato, con meno di un milione di abitanti. Come se Piemonte e Veneto avessero la stessa rappresentanza della Basilicata o della Val d’Aosta.

Questa apparente paradossalità si spiega, almeno fino agli inizi del secolo (ma ancora oggi ha un senso profondo) con l’intenzione chiara degli americani di evitare che vi fosse una disparità di trattamento fra gli Stati che compongono la più grande e potente federazione del mondo. E’ uno dei tanti accorgimenti adottati dal federalismo americano per evitare che l’autonomia amministrativa degeneri in una sorta di anarchia feudale.

L’esempio americano mi è tornato alla mente riflettendo sull’esigenza, viva e sentita da parte dei Presidenti di Regione e soprattutto da molti Sindaci campani e pugliesi, di avere un quadro chiaro di riferimento per evitare che il federalismo italiano si compia a discapito di una parte della nazione, il Sud, appunto.

Negli Stati Uniti americani si dibatte fra sostenitori del federalismo competitivo e sostenitori del federalismo cooperativistico. Come molti hanno sottolineato, si tratta di due posizioni ideologiche estreme, che lasciano poi, sul campo della reale attuazione di norme e programmi, molte rigidità iniziali.

Il termine cooperativistico è molto più laico di quello analogo adoperato da noi: solidarista. E sarebbe forse da preferire perché nella semantica stessa del termine solidaristico si avverte come un senso di carità, di elemosina, che i più ricchi dovrebbero esercitare nei confronti dei meno fortunati, ciò che infastidisce, per opposti motivi, sia gli uni che gli altri. La carità è un gesto fondamentale della vita, ma deve rimanere privato, non può essere istituzionalizzato.

Per federalismo competitivo, si può intendere la difesa dei propri diritti civili, ovvero la cura dei propri interessi economici, ma anche la difesa di privilegi contrastanti i diritti altrui. Al di fuori di ogni polemica partitica, mi sembra legittimo che i meridionali nutrano qualche timore circa la reale consistenza della versione bossiana e leghista del federalismo competitivo.

Per questi motivi, potrebbe essere interessante riproporre trasversalmente l’idea di costituire una Camera delle Regioni, in analogia e solo in analogia al modello senatoriale americano. Una assemblea che, nel rappresentare con chiarezza e trasparenza gli interessi locali, per questo stesso fatto, garantisce gli interessi della collettività nazionale. Inoltre, si darebbe l’opportunità a tutte le Regioni di competere sì, ma su un terreno di parità istituzionale e non solo sul terreno della caritatevole solidarietà. La pari dignità istituzionale di ogni comunità (come di ogni minoranza) è un prerequisito necessario perché ogni democrazia liberale possa funzionare, e la questione meridionale rinascere in senso non rivendicativo.

Ernesto Paolozzi

Da “Corriere economia” del 2 aprile 2001