Quale futuro per i giudici di pace

Sarà ovvio, ma il titanico scontro che, da vent’ anni, sin dal declino della cosiddetta prima Repubblica, si consuma attorno alla giustizia, oscura i tanti problemi concreti e reali che tutti patiamo come comuni cittadini. Oggi viene alla ribalta il tema della funzione e dei compiti del giudice di pace. Su iniziativa dell’ Associazione nazionale che li riunisce, si tiene oggi al Castello Aragonese ad Aversa il convegno “Il giudice di pace: analisi e prospettive di un magistrato laico”, al quale interverranno, fra gli altri, Vincenzo Carbone, Giuseppe Della Pietra, Vincenzo Galgano, Luca Palamara, Pasquale Giuliano, Lorenzo Chieffi, Giacomo Caliendo, Maurizio Stanziola.

Come è noto, l’ istituzione relativamente recente di questa figura di magistrato laico, come si dice per differenziarla dal magistrato togato, nasceva dall’ esigenza di snellire il lavoro dell’ amministrazione della giustizia e di ridurre i tempi di una serie di procedimenti a vantaggio del cittadino. Col tempo, come sempre accade, se da un lato i giudici di pace sono pienamente inseriti nella amministrazione della giustizia, dall’ altro sono emerse questioni che potrebbero mettere a rischio la stessa istituzione.

L’ associazione nazionale Giudici di pace ha espressamente chiesto al governo di intervenire con celerità per affrontare alcune questioni urgenti e imprescindibili. In una lettera al ministro Alfano, si richiede la rinnovabilità senza limiti dei mandati quadriennali, la tutela previdenziale e assistenziale, garanzie di indipendenza e autonomia e revisione delle indennità. Questi provvedimenti sono considerati indispensabili per adeguare ai principi costituzionali un servizio teso a migliorare l’ efficienza della giustizia. La situazione potrebbe inoltre precipitare, se si considera che i presidenti delle Corti d’ Appello dovranno coprire i circa 800 posti che, dal prossimo aprile, saranno vacanti, con conseguenze inimmaginabili per il funzionamento degli uffici che rischieranno di trovarsi privi di giudici.

Ora, se tali richieste sono, in sé e per sé, ineccepibili, non si può negare che il percorso e lo status di giudice di pace rimane diverso da quello della magistratura ordinaria. Il che ha ingenerato difficoltà e sospetti. È evidente dunque che, accanto a queste giuste rivendicazioni, si debbano collocare delle assunzioni di responsabilità chiare e precise in un orizzonte di riconsiderazione generale della materia nel suo complesso. Infatti i giudici di pace chiedono che sia loro riconosciuta, accanto alla specifica funzione giurisdizionale che rivestono, la definizione precisa dello status, dei compiti, dell’ autonomia, dei limiti e, soprattutto, della professionalità acquisita.

Come è facile comprendere, anche in questo caso il problema è essenzialmente quello della chiarezza dei ruoli, della definizione precisa dei compiti, delle autonomie e dei limiti. Insomma, quella della ricostruzione di uno Stato di diritto che garantisca innanzitutto i cittadini in un momento di generale e diffusa confusione. Proviamo a riportare il dibattito nel solco giusto dei ragionamenti e delle garanzie. Occorre ripensare i concetti di efficienza e produttività dell’ amministrazione della giustizia senza mai perdere di vista l’ idea fondamentale che la giustizia debba essere innanzitutto giusta, libera, indipendente e autonoma. Sembrano parole retoriche. Sono invece la sostanza stessa della nostra vita in società, della nostra vita civile, nel senso più profondo e umano del termine.

Ernesto Paolozzi

Repubblica – 30 novembre 2009 pagina 1 sezione: NAPOLI
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/11/30/quale-futuro-per-giudici-di-pace.html