Benedetto Croce, L’Italia dal 1914 al 1918. Pagine sulla guerra, Bibliopolis, Napoli,2019,euro 35’00.
“In verità, quando noi uscimmo da quella (la prima guerra mondiale) che era stata già di una non preveduta vastità e durata, ci illudemmo di aver soddisfatto, non solo per la nostra generazione, ma an tre dei nostri figli e nipoti, il debito che grava sugli uomini di ammazzarsi gli uni con gli altri dopo certi intervalli chiamati di pace; e invece assistemmo assai presto al prepararsi e infine allo scoppiare dell’altra guerra, spaventosa per estensione, per lunghezza, per violenza. E, rileggendo ora le mie pagine, dolorosamente io misuro quanto siamo discesi giù dal grado di civiltà che allora in qualche modo si mantenne, perché i dittatori, che si sono levati dappertutto nel mondo, sono stati (come aveva profeticamente veduto Jaco Burckhardt), ben altro negli atti e nei detti e nei sembianti dai vecchi e bonari monarchi assoluti o semiassoluti, e le moltitudini da loro asservite e maneggiate, ci sono venute contro ebbre di distruzione e di selvaggia crudeltà e da noi del tutto straniate e impenetrabili, avendo infranto il legame di una logica e una morale comune. Rifare la comune umanità è largo compito che ora ci spetta e al quale dobbiamo con tutte le nostre forze di continuo lavorare.” Così Benedetto Croce nella Prefazione del 1949 alla ristampa del volume, L’Italia dal 1914 al 1918, pagine sulla guerra che ora rivede la luce nell’edizione nazionale delle opere del filosofo a cura e con una informata e rigorosa nota di Carlo Nitsch.
Le drammatiche parole di Croce ci siano di monito ogni qual volta qualche pseudo storico prova a minimizzare i rischi che sempre corre la libertà, soprattutto di fronte a ingenerosi fenomeni di massa travestiti da democrazia popolare. E le parole di speranza ci siano di conforto e di sprone.
“Reca la data, ci informa Nitsch, del 15 dicembre 1918 la lettera con la quale, trascorso un mese dall’armistizio con l’Austria-Ungheria che segnò, per l’Italia, la fine del conflitto mondiale, Benedetto Croce accordava a Giovanni Castellano la licenza di raccogliere le pagine da lui scritte durante e sulla guerra, ponendo la sola ferma condizione di pubblicarle tutte e integralmente, senza in alcun modo intervenire, post factum, sul loro contenuto.” Croce, dunque, poneva particolare attenzione alla questione dell’unità di un’opera composta di saggi e scritti di varia natura, di diversi contenuti. Evidente l’intenzione di mostrare come quegli scritti risentissero del clima della tragica epoca e di quel momento storico volevano dar conto.
La raccolta si divide in tre parti, la prima Durante la neutralità, la seconda, più interessante e varia, L’Italia in guerra, e la terza che mostra sin dal titolo quale sia stato l’atteggiamento anche sentimentale del filosofo, La riscossa. Emerge un Croce neutralista ma patriottico, per tanti aspetti uomo del Risorgimento. Nel bene, vorrei dire, come nel male nel senso che l’attaccamento alla patria qualche volta oscura il Croce filosofo e liberale. E, il filosofo, mostra di averne in qualche momento piena coscienza. Anche nel secondo dopoguerra il dissidio fra credo ideale e patriottismo attraverserà l’animo di Croce. Ma in una dimensione quasi del tutto privata, angosciosa e cupa pur nella gioia per la ritrovata libertà.
Ernesto Paolozzi
Dalla Rivista di Studi “Libro Aperto”, Numero 102, luglio – settembre 2020