Ana Jaramillo, El historicismo de Nàpoles al Rio de la Plata, Buenos Aires, 20112. Nuestra America, Buenos
Aires ,2012.
In Argentina come in altri paesi di lingua spagnola si torna a discutere di filosofia italiana, di Vico e Croce in
particolare. Un volume particolarmente interessante è quello di Ana Jaramillo, El historicismo de Nàpoles al
Rio de la Plata. Si ricostruisce l’opera di divulgazione del pensiero vichiano compiuta dal patriota
napoletano Pietro De Angelis (1784-1859) esule in Argentina nella metà dell’ Ottocento. Un personaggio di
grande rilievo che contribuì alla stesura della Costituzione argentina , poco studiato in Italia, discusso e
controverso in Argentina per le vicende politiche personali in qualche modo contraddittorie rispetto al suo
autentico pensiero. Resta fondamentale la sua influenza sul mondo culturale sudamericano, la vasta opera
di giornalista e storico oltre che di organizzatore di istituzioni culturali, di centri di istruzione.
La Jaramillo è Rettore dell’Università di Lanùs di Buenos Aires e da anni è impegnata nella ricostruzione
della storia politica e culturale argentina e sudamericana in generale. Nel volume Nuestra America,
riproduce uno scritto di Croce e traccia nell’introduzione un profilo dello storicismo del filosofo italiano in
stretto rapporto con la contemporaneità della congiuntura politica contemporanea.
Non si tratta di una lettura puramente accademica del grande filosofo. Nemmeno una ricostruzione della
notevole influenza (basterebbe pensare allo scrittore Jorge Luis Borges) che Croce esercitò sulla cultura
argentina. Ana Jaramillo, infatti, colloca l’interpretazione del filosofo italiano all’interno di una rivisitazione
del pensiero sudamericano nella prospettiva di configurare, per così dire, una nuova patria argentina, un
nuovo orizzonte per il pensiero sudamericano.
La Jaramillo è una figura complessa e originale di intellettuale. Si muove, infatti, fra il confine della filosofia
politica e quello della sociologia e sempre in riferimento all’impegno sociale e politico. L’Università di
Lanùs opera in uno dei luoghi più difficili dell’Argentina, in un contesto sociale povero e conflittuale nel
quale la sociologia non può caratterizzarsi come una scienza empirica puramente descrittiva. Ciò spiega
l’apertura all’orizzonte storiografico e filosofico proposto dalla studiosa in una visione complessa della
storia, della vita. Un percorso di assoluta originalità.
E’ indubitabile, se si pensa allo stato del dibattito italiano e, in gran parte, europeo, che in Sud America,
come è già avvenuto in questi anni per la letteratura, si respira una vivacità, una creatività, una freschezza
che dalle nostre parti sono sopite, da almeno un trentennio. Il vecchio continente, e l’Occidente in genere,
sembrano aver abdicato al loro ruolo di orientamento, se non di guida, del pensiero mondiale. Basti
pensare alle stucchevoli polemiche sul postmoderno o, negli Stati Uniti d’America, alla desertificazione
lasciata dall’esaurimento della cosiddetta filosofia analitica.
Croce è riconsiderato dalla Jaramillo nella prospettiva di una valutazione del liberalismo inteso in senso
storicistico, ossia non vincolato ad alcune specifiche dottrine politiche o ad un unico modello di sviluppo
economico. Si recupera l’idea che la storia sia storia della libertà interpretata come eterna lotta fra il valore
e il disvalore, lotta nella quale non vi è mai un vincitore definitivo perché sempre nuove minacce
insidieranno i progressi raggiunti e sempre nuove esigenze di libertà muoveranno l’azione ed il pensiero
degli uomini, finché la storia non avrà fine. Da qui, ancora, la rivalutazione della critica crociana alle filosofie
della storia, alle storie teleologiche di matrice hegeliana e, in parte, marxista. Uno storicismo così inteso,
affidato essenzialmente al concreto giudizio storico, che nasce da un’esigenza pratica ma, al tempo stesso,
orienta l’azione (il sottotitolo del volume della Jaramillo recita infatti “Pensiero e azione”) si colloca,
potremmo dire, prima e dopo il postmoderno: prima perché ne anticipa evidentemente la dimensione pluralista e antidogmatica; dopo perché recupera il senso della verità storica sottraendola alla deriva
scettica e relativistica, se non sofistica, di matrice postmodernista.
Ma questi sono i nostri problemi più che non quelli della studiosa argentina la quale, semmai, ci aiuta a
ripensarli in una prospettiva diversa, meno scolastica e più fresca e vitale. La Jaramillo infatti mette in
circolo il pensiero di Croce nel confronto con altri pensatori sudamericani, fra i quali quello del filosofo
messicano Josè Vasconcelos. La prospettiva, sembra di intuire, è quella di costruire, fra il marxismo e il
liberalismo economico, una dimensione politica nuova che non sia, come quella generalmente indicata in
Europa, quella della socialdemocrazia. Non una terza via, ma un altro itinerario. Un nuovo orizzonte entro il
quale si possano coniugare le ragioni delle comunità, delle storie particolari, con l’universalità dei diritti,
della libertà. In questa nuova prospettiva viene letto anche il peronismo, inteso come un momento, uno
snodo ineludibile, della particolare storia politica argentina, dilaniata dalle dittature militari e dalle
velleitarie suggestioni rivoluzionarie ma oggi, forse, impegnata a costruire un nuovo sentimento
comunitario e sociale.
Temi da approfondire, naturalmente, che ci spingono a considerare che, se da un lato le storie culturali dei
continenti sembrano allontanarsi sulla strada di destini diversi pur nella globalizzazione dei mercati,
dall’altro si ritrovano attorno ai nuclei centrali del pensiero contemporaneo. E non solo. Perché la Jaramillo,
infatti, non casualmente ha approfondito il tema dell’ influenza dell’emigrazione napoletana nel Rio de
Plata e la diffusione del pensiero di Giambattista Vico. D’altro canto il legame fra l’Italia, Napoli e
l’Argentina è antico e radicato, un legame culturale ma anche umano nel senso più semplice e spontaneo
del termine.
Ernesto Paolozzi
Dalla Rivista di Studi “Libro Aperto”, Numero 72, gennaio – marzo 2013