Ernesto Paolozzi, Cinque studi su Croce (Guida editori-Napoli 2019)

Cinque studi su Croce

“Negli ultimi anni la filosofia vive una profonda crisi di identità, di senso e di funzione, come se avesse rinunciato a svolgere il suo ruolo di critica dell’epoca, di costruttrice di nuovi orizzonti di significato. Vittima anch’essa di specialismi sostanzialmente inutili perché incapaci per loro stessa natura di connettersi con la complessità della realtà, della storia. A cascata le scienze umane che sempre, in qualche modo, si ispirano ad una visione del mondo, ad una più larga sensibilità filosofica, hanno perso autorevolezza, si sono come svuotate o consumate.

Per troppi anni la polemica filosofica si è estenuata in una lotta fra neo irrazionalisti e neo scientisti, fra nuovi scettici e nostalgici della metafisica. Soltanto nel mondo dell’epistemologia, della riflessione sulla scienza si sono riscontrati segni di vitalità: una sorta di ribellione agli specialismi, ai miti oggettivisti nel nome di un pensiero che potremmo definire neo dialettico se non neo storicista.

In questo quadro il pensiero di Benedetto Croce può svolgere un ruolo decisivo, proporsi come un nuovo orizzonte speculativo, un metodo, se si vuole un paradigma, in grado di guidarci nell’intricata selva dell’informazione, soccorrerci di fronte alla bulimia della comunicazione, restituire al ragionamento la irrinunciabile sintassi.”

Così, Ernesto Paolozzi, fra i maggiori interpreti e prosecutori del pensiero crociano, nella Prefazione al volume, Cinque studi su Croce edito da Guida editori. I primi due saggi, dedicati all’estetica e alla politica, hanno un andamento didascalico ma, come Paolozzi ha mostrato in altre occasioni, pur nella chiarezza dell’esposizione, presentano spunti ermeneutici particolarmente interessanti. Il profondo e denso saggio, L’orizzonte della dialettica, propone un’interpretazione del pensiero crociano che fornisce all’autore l’occasione per rilanciare il pensiero critico dialettico, lo storicismo come interpretazione della complessità e imprevedibilità della vita in un momento in cui il pensiero sembra vivere una condizione di scacco matto, lacerato, come appare, fra irrisolvibili contraddizioni: universale-particolare, Stato-individuo e così via.

Contraddizioni superabili solo attraverso un ripensamento della dialettica intesa come superamento delle antinomie, come pensiero che, nel riconoscere la legittimità degli opposti, ne individua il superamento inquadrandoli nella diveniente complessità della storia. Originale la lettura del liberalismo crociano nel saggio, Una filosofia della liberazione. Negli anni Ernesto Paolozzi ha riletto il liberalismo del filosofo abruzzese in senso metodologico svincolandolo da interpretazioni riduttive o da tentazioni neometafisiche e qui fa un ulteriore passo in avanti leggendo l’intera filosofia crociana come una filosofia della libertà o, meglio, della liberazione. Una liberazione, ad esempio, dell’arte dalla tirannia dei generi e delle regole astratte dei canoni, una liberazione dell’etica (e della politica) da dottrine particolari, catechismi e precetti; una liberazione, ancora, del processo conoscitivo dal dottrinarismo e dallo scolasticismo; una liberazione per tutte quelle che un tempo si sarebbero chiamate categorie dello Spirito, ossia delle funzioni, come diremmo oggi, che formano il tessuto della storia e della vita.

Il volume si chiude con un saggio che ripercorre il rapporto fra Benedetto Croce e il marxismo a partire dagli anni giovanili nei quali il filosofo fu influenzato da Antonio Labriola il vero fondatore del marxismo teorico italiano. Il rapporto col pensiero marxiano viene qui rimeditato non solo alla luce del pensiero politico e dello storicismo di Croce, che ne stroncarono la natura riduzionistica e teleologica da un lato e l’intrinseca portata totalitaria dall’altro. Oltre a sottolineare le profonde distanze fra i due pensatori, Paolozzi ne individua le vicinanze: prima fra tutte la concezione realistica della realtà e dell’uomo, nella quale irrompono le passioni, gli interessi, la forza, gli istinti. Una visione viva e cruda che pervade ogni aspetto dell’umano agire e ci restituisce ad una realtà mai edulcorata, nel bene come nel male. L’interpretazione del marxismo come canone di interpretazione storica e non come filosofia della storia colloca il filosofo italiano nella scia degli interpreti oltre che dei critici del pensatore di Treviri più attuali.

In tale orizzonte anche l’interpretazione crociana di Marx si inserisce nella più ampia lettura che Paolozzi propone del neostoricismo e del neoliberalismo crociani. Una interpretazione, come si è detto, in senso metodologico.

di Antonella Rossini

per la rivista di studi “Libro Aperto” Numero 101, aprile – giugno 2020