Alla scuola è rimasto soltanto il grembiulino
(da “la Repubblica-Napoli” del 14.03.2009)
Siamo abituati, ciclicamente, a ricevere notizie circa la crisi della scuola italiana. Il che ci ha, per così dire, assuefatti e rassegnati.
Un po’, diciamolo fra noi, pensiamo tutti che, in fondo, nonostante la crisi, la scuola c’è, come c’è la mamma, come c’è la Rai, come c’è il campionato di calcio.
Eppure, prima o poi, arriva un momento a partire dal quale la crisi precipita. Il livello medio tollerabile si abbassa sotto la soglia massima e, quasi senza che ce ne si accorga, ci si trova retrocessi in serie C. Senza un particolare trauma o un evento clamoroso. Così, strada facendo.
Credo, infatti, che i genitori non sappiano, e quindi non si stiano rendendo conto, di cosa sta per accadere nelle scuole medie inferiori napoletane.
In ogni sezione ci sono due docenti di lettere che si dividono l’orario sulle tre classi. Il docente che insegna lettere in terza ha un orario settimanale pieno, ossia di diciotto ore, mentre il collega, in linguaggio tecnico quindicista, ha un orario di quindici ore, che dovrà completare rimanendo a disposizione della scuola per eventuali supplenze o per attività programmate e concordate con il Dirigente.
Ora, per effetto di diversi interventi stabiliti vari anni fa ma mai attuati fino ad oggi, che prevedevano l’abolizione dei quindicisti e la contemporanea riduzione delle ore di italiano e geografia in ogni classe, la scuola media si trova a dover ridurre l’organico di un docente di lettere ogni due sezioni.
Cosa significa questo per noi profani e in concreto? Significa che centinaia di incaricati, i precari, perderanno il posto. Per precari non bisogna immaginare giovani venticinquenni, ma quasi sempre quarantenni che da anni lavorano, mantenendo la famiglia, in attesa del contratto definitivo. Una tragedia, soprattutto in un periodo di crisi, in cui c’è il caso che anche il coniuge, occupato in altro lavoro, possa perdere il posto.
Ma in tutte le scuole di Napoli e provincia, oltre ai precari, molti docenti di ruolo, ultracinquantenni di lunga esperienza, si troveranno senza classe. Non possono, grazie a Dio, essere licenziati, ma verranno sballottati da Istituto ad istituto, con ogni probabilità ancora più lontano da casa, senza sapere bene quale sarà il loro destino.
Fin qui il problema dei docenti. Che ce ne frega? Penseranno in molti. E qui è l’errore, perché sono i professori dei nostri figli, i quali si troveranno senza i loro docenti di riferimento. In qualche caso, passatemi la battuta, sarà anche meglio. Ma, generalmente, è un danno grave, che si arreca soprattutto ai ragazzi più piccoli.
Ancora. Un corpo docente demotivato, frustrato e, fra poco, anche finalmente incazzato, finirà col rispettare le regole astratte del lavoro (puntualità, carte in ordine, etc), quelle che piacciono a Brunetta, ma non ci metterà più certamente il cuore, la passione, l’intelligenza che, bene o male, fino ad ora ci aveva messo, pur se in condizioni certamente sempre meno favorevoli.
Se si pensa poi che, per effetto degli ultimi interventi gelminiani, le scuole non hanno nemmeno più i soldi per comprare la carta igienica e il vecchio gesso (altro che computer!), si comprenderà quanto, e quanto profondo, sia il declino sostanziale di quella che fu la grande scuola pubblica italiana. Siccome i guai non vengono mai da soli, vi si è aggiunta l’iniziativa del ministro Brunetta, per cui le scuole sono costrette a mandare la visita fiscale anche per un solo giorno di assenza. E sono costrette, inoltre, a pagarle dai loro esigui bilanci.
Insomma, il default della scuola mentre Dai talk show il ministro ci racconta come fustiga i fannulloni fra il plauso generale di un pubblico televisivo da circo massimo di neroniana memoria.
I docenti, ormai rassegnati, si ribellano poco. Ma sarebbe il momento che si ribellassero i genitori. Che lasciassero da parte i vecchi luoghi comune che per anni le televisioni hanno diffuso e ritornassero ad allearsi con i docenti dei loro figli.
Mi augurerei che il Partito democratico, che ha ritrovato in questi giorni nuovo slancio e nuova capacità di iniziativa, possa svolgere quell’antica funzione della politica che oggi ridiventa attuale. Quella funzione informativa che va al di là delle battaglie che si combattono nelle aule parlamentari. Insomma, se potessimo vedere qualche militante che, fuori ad una scuola, faccia volantinaggio, qualche giovane precario iscritto al Pd che si incateni davanti al Ministero della Pubblica Istruzione.
Chissà. A furia di dirlo, può darsi che qualcosa accada.
P.S. Però c’è il grembiulino!