Libero Bovio, il pensiero meridiano e l’attacco alla modernizzazione.
” Che sole, che sole, / che sole cucente!/ E chi vò fa’ niente?/ E chi po’ fa’ niente?/ Che bella figliola,/ ca passa p”o vico…/ Mò ‘a chiammo e lle dico:/ ‘Volete salì?’ / No, no… cu stu sole, / stu sole cucente,/ nun voglio fa’ niente!”
Sono i celebri versi di un grande poeta napoletano, Libero Bovio, che potrebbero fungere da icastica introduzione al pensiero meridiano lanciato qualche anno fa sul mercato delle idee da un sociologo barese che vi ritorna oggi, novello Marcuse, attaccando con un libretto la società unidimensionale, la modernizzazione, la velocità: la scuola barese di Francoforte.
Eppure è di qualche giorno fa, se non erro, la denuncia del leader degli imprenditori pugliesi circa le condizioni del trasporto aereo.
Per raggiungere il Nord Africa, una delegazione pugliese dovrà passare, di fatto, per lo scalo di Milano. Pochi giorni prima, un altro imprenditore di quella regione lamentava l’obiettiva difficoltà di raggiungere da quelle belle terre la Spagna e la quasi impossibilità di trasportare manufatti nell’area del Mediterraneo. Le recenti cronache raccontano di un atterraggio da brivido di un aereo di una piccola compagnia pugliese nell’aeroporto della Capitale.
Per un napoletano raggiungere Lecce o Taranto è un’impresa e quelle due belle città appaiono più lontane di tante capitali dell’Europa non solo occidentale. Un abitante di Messina raggiunge più facilmente Napoli che Palermo; un abitante di Palermo, a sua volta, trova maggiori difficoltà a raggiungere Catania che non Napoli o Milano. Dopo Sala Consilina, l’autostrada per Reggio è di difficile percorribilità. Per arrivare a Messina, e di là in Sicilia, i più abbandonano l’autostrada, affrontano la discesa, talvolta innevicata fino al fondovalle del Noce, da Lagonegro fino a Falerna passando per decine di trafficati paesini.
Si dice che l’Italia è lunga e stretta. Ma fra le due coste, la tirrenica e l’adriatica, vi è una sola vera e propria arteria stradale degna del nome: la Napoli-Bari. Delle ferrovie è meglio non dire.
C’è chi giura che vi sia ancora un tratto che si percorre a vapore, e solo da poco tempo in alcune tratte siciliane si mette mano alla costruzione del doppio binario. Il tutto in un territorio che supera i venti milioni di abitanti, il doppio dell’Austria, il triplo della Svezia. Da Napoli a Palermo non vi sono veri e propri porti, né turistici tantomeno industriali. Gli aeroporti sono pochissimi e non privi di qualche pericolosità.
Ma nemmeno la velocità del post industriale sembra far bella mostra di sé. Sono molte le zone in cui, come si dice, i cellulari “non prendono”, mai raggiunte dai segnali di alcuni canali televisivi. Non tutta la rete elettrica funziona a meraviglia e la velocità della luce non sempre raggiunge le Puglie, tanto da mettere in seria difficoltà quelle aziende i cui prodotti hanno necessità di essere conservati in celle frigorifere. In molti luoghi della Sicilia manca l’acqua e per il foggiano, grande produttore di grano, si sta temendo la desertificazione. L’acqua scorre troppo lentamente dal Molise.
Eppure, in questo disastroso contesto, si parla di miracolo pugliese, a tutta gloria dei lavoratori di quelle terre.
Un pensiero meridionale esiste, ha la sua specificità e deve essere conservato e rinnovato. Ma, per carità, non eleggiamo la canzone di Bovio, bella, peraltro, a manifesto della nuova mediterraneità. La lotta, giusta, agli eccessi dell’industrialismo, del consumismo, del capitalismo, o come altro si voglia dire, non va confusa con i sia pure suggestivi elogi della lentezza. D’altro canto, a condannare la tecnologia ci hanno già pensato teutonici filosofi, con esiti non sempre positivi per la libertà e la democrazia delle loro e delle nostre terre.
Ernesto Paolozzi
Da “Corriere economia” del 25 aprile 2001