Le cattive passioni.
Sarebbe proprio opportuno che un partito, e in particolar modo il Partito democratico o l’ Udc, spendesse un po’ di soldi per commissionare, in Campania, un sondaggio sul federalismo fiscale. Una prima domanda molto semplice: “Sa cos’ è il federalismo fiscale?”. E una più raffinata: “Conosce la proposta lombarda sul federalismo fiscale?”. Una terza: “Ha un’ idea di cosa potrà accadere al Sud con l’ attuazione del federalismo fiscale nelle sue varie forme?”. Personalmente, è da tempo che mi commissiono sondaggi discutendo nei bar, nelle file di attesa di qualche ufficio, nei mezzi pubblici, fra condomini, amici vari e amici degli amici.
La mia personale indagine conduce a questa conclusione:
la quasi totalità degli aventi un titolo di studio al di sotto della laurea non sa nemmeno lontanamente che cosa sia il federalismo fiscale. Fra i laureati è molto alto il tasso di confusione. Il laureato arrabbiato costituzionalmente contro Napoli, i napoletani, la classe politica, dirigente e così via, grosso modo risponde: “Ma sì, ce lo meritiamo! In fondo è giusto che i soldi tornino al Nord e che noi, fetenti e mariuoli, abbiamo ciò che meritiamo. Tanto, peggio di così non si può”. Qualcuno, meno arrabbiato e più consapevole del dramma che ci attende, confida sulla italianità come categoria spirituale eterna, e risponde: “Vedrai, si farà una legge confusa e pasticciata che, alla fine, non cambierà nulla e tutto resterà più o meno come adesso”.
Vi è poi qualche minoranza tragica e lirica, come avrebbe detto Giustino Fortunato, che, avendo piena consapevolezza di ciò che sta per accadere, cerca, con studi e analisi, di fronteggiare la situazione e invano, con qualche convegno e qualche articolo, si prova a scuotere, se non il popolo, almeno la classe dirigente.
Certo, a Napoli è difficile, in questa fase, poter aprire una vertenza, su questo tema, con il governo e con i partiti nordisti: appena provi ad aprir bocca potresti sentirti dire: “Stai zitto, munnezza!”. Proprio per questo, fossi io nei panni dei malcapitati dirigenti dei partiti napoletani, promuoverei un sondaggio fra i nostri concittadini perché, a seguito dell’ analisi, si potrebbe preparare una campagna informativa sulla quale costruire, eventualmente, una battaglia politica. Manifesti, opuscoli, mail informative, sms, con i quali cercare di far comprendere a quante più persone possibile cosa sta accadendo.
E scommettere, con un atto di fede, sulla possibilità di creare di nuovo un’ opinione pubblica in territori nei quali, oramai, è assente da decenni.
O meglio, un’ opinione pubblica si costituisce, di tanto in tanto, solo, purtroppo, su slogan negativi, tenuti assieme dal filo rosso del livore, della ingenerosità, della vendetta: impronte ai rom, licenziamento degli statali, manette per gli assessori, e così via. Provare a incanalare le passioni negative quantomeno in difesa dei propri interessi, per arginare la prepotenza di chi difende altri interessi, potrebbe rappresentare già un timido passo in avanti sulla strada del ritorno della politica.
Se non ricordo male, Gramsci sosteneva che un partito è l’ organizzazione delle passioni. Oggi i partiti sono l’ organizzazione delle cattive passioni. Bisogna partire da questo dato per cercare di rimettersi nelle condizioni di promuovere e organizzare passioni positive.
Il Pd aveva nel suo Dna questa vocazione. è possibile ancora tirarla fuori? Dalla difesa dei nostri interessi, ossia la costruzione di un federalismo non tutto sbilanciato a favore del Nord, si può, alla lunga, arrivare a concepire una politica che difenda più in generale gli interessi dei più poveri, dei disagiati, degli emarginati e di quei larghi strati sociali che non sono poveri ed emarginati in senso classico, ma che sono comunque fuori delle rotte della storia, quel ceto medio imprenditoriale e professionista tenuto ormai fuori dalle scelte politiche e ricollocato ai margini dello sviluppo economico. In caso contrario il nordismo conquisterà definitivamente il nostro Mezzogiorno con il gesso, ossia senza nemmeno combattere la battaglia che, forse, si aspettano di dover combattere i leghisti che non ci conoscono bene. Ernesto Paolozzi
da “la Repubblica-Napoli” del 23 luglio 2008 Repubblica archivio